Deserto/Erg
Quando si parla di deserto l’immaginazione corre alle infinite distese di sabbia. In realtà la gran parte del territorio desertico del Sahara marocchino è costituito da un insieme di roccia nuda, ghiaia e ciottoli, inframmezzato da oasi. Bisogna spingersi quasi al confine con l’Algeria per trovare l’erg, il deserto sabbioso.
L’Erg Chigaga, a un centinaio di km da Zagora, è l’erg più esteso del Marocco, quello più selvaggio, ma anche quello più difficile da raggiungere (circa 3 ore di viaggio da Zagora, due delle quali di piste fuori strada).
L’Erg Chebbi, nella zona a sud-est del paese, nei pressi di Merzouga, è un po’ meno esteso ma ha le dune più alte, che raggiungono i 150 metri d’altezza e che cambiano colore durante il giorno, passando dal rosa all’oro al rosso. Quando piove si può ammirare uno spettacolo ancora più emozionante: in mezzo alle dune si forma un piccolo lago, il Dayet Srji, che attira centinaia di fenicotteri rosa e cicogne.
Hammam
Non si può andare in Marocco e non provare l’hammam!
L’ hammam tradizionale, rigorosamente separato per donne e uomini, è un luogo dove si svolgono i rituali igienici ed estetici per il corpo, ma è anche un luogo per relazionarsi, tanto che sin dall’antichità l’hammam ha svolto un importante ruolo all’interno dell’organizzazione sociale delle città islamiche.
Secondo la tradizione è composto da più stanze con diversa concentrazione di vapore e temperatura, riscaldate tramite forni sottostanti, alimentati a legna. Mentre i romani erano soliti costruire un unico grande edificio termale, gli arabi preferivano creare molti piccoli bagni sparsi nelle città, spesso accanto alle moschee per essere utilizzati anche per le abluzioni che precedono la preghiera.
I benefici dell’hammam sono molteplici, ma ciò che rende l’hammam marocchino veramente unico è l’energico scrub effettuato sull’epidermide con l’utilizzo di un apposito guanto e il lavaggio con il sapone nero, che rendono la pelle più elastica e luminosa.
Oltreché negli hammam tradizionali pubblici, potrete provare questa esperienza (sicuramente meno autentica, ma forse meno “traumatica”) nelle spa degli hotel o dei centri benessere delle principali città, dove è possibile accedere anche in coppia.
Kasbah/Ksar
Il termie Kasbah letteralmente significa rocca, fortezza ed è usato per indicare sia una vera e propria “cittadella urbana”, cinta da mura, spesso disposta in posizione strategica in altura (come la kasba degli Oudaia a Rabat), sia una sorta di antica dimora patriarcale (paragonabile ai castelli europei, residenze dei nobili) solitamente arroccata in luoghi strategici su colline e montagne (come la kasbah Telouet).
L’esistenza della “Strada delle mille Kasbah” è significativa dell’importanza e della diffusione di questo tipo di edificio in Marocco.
Lo ksar (ksour al plurale) è paragonabile invece alle città fortificate del periodo medievale. Generalmente costituito da un insieme di granai ed abitazioni, chiuso da imponenti mura, si erge su colline o altopiani, vicino ad oasi o corsi d’acqua. Le case sono addossate le une alle altre e gli abitanti si spostano lungo un passaggio centrale, intersecato da tortuose e strette stradine, al riparo dal caldo e dal freddo (ksar Ait Ben Haddou) .
Sia le kasbah rurali che gli ksour sono costruiti con la tecnica del pisé (un’antica tecnica che consiste nel “pressare” e impastare la terra con acqua, paglia e fibre naturali), quasi sempre con alte torri e decorazioni geometriche. Da alcuni anni è in corso un’imponente opera di recupero di questi edifici per cui è possibile vederne e visitarne tanti ben conservati o ristrutturati.
Kasbah è spesso utilizzato, impropriamente, anche come sinonimo di medina (città in arabo). Questo perché, dopo l’occupazione del Maghreb, i francesi utilizzavano la parola kasbah per indicare (per estensione) la parte della città esistente prima dell’occupazione stessa.
Madrasa
Il termine arabo madrasa (o medersa) può essere tradotto semplicemente con “scuola”, quindi qualsiasi istituto di apprendimento per studenti musulmani o non musulmani.
In realtà le vecchie madrase erano collegi religiosi che assicuravano l’istruzione superiore di diritto e dottrina islamici.
Dal punto di vista architettonico, lo schema tipico della madrasa è costituito da un cortile aperto circondato da atri con volte ad arco e con celle d’abitazione, generalmente su due piani. Le celle destinate agli studenti non erano tutte uguali: quelle migliori venivano assegnate in base al rendimento, all’anzianità di studio e al rango sociale. Tra le più famose, le Medersa Bou Inania a Fez e Meknes, e Ben Yussef a Marrakech.
Medina
Moschea
La moschea è l’edificio religioso dedicato alla preghiera e all’insegnamento religioso, in origine usato anche come luogo di riunione di fedeli, di discussione politica e di contrattazione. La forma tipica della moschea prevede un cortile quadrato circondato da portici, dove si trova la fontana per le abluzioni rituali. All’interno è presente una nicchia decorata con mosaici (zellige, in arabo piccola pietra levigata) o marmi che indica la direzione della Mecca verso cui i fedeli devono rivolgersi per la preghiera.
In Marocco l’accesso alla moschea è interdetto ai non musulmani con la sola eccezione dell’imponente Moschea Hassan II di Casablanca che si può visitare a pagamento.
Ogni moschea ha il suo minareto (torre), da dove il muezzin chiama i fedeli alla preghiera. In Marocco i minareti hanno base quadrata, con qualche rara eccezione come il minareto di Moulay Idriss Zerhoun a base circolare o quello di El Jadida a base pentagonale.
Il muezzin è la persona che dall’alto del minareto recita, 5 volte al giorno, la formula stabilita per chiamare i fedeli alla preghiera.
Da non perdere: ascoltare il “canto” dei muezzin al tramonto, da una terrazza della medina.
Moussem/Festival
Il moussem (festival) nasce come festa religiosa per celebrare e onorare un santo. Ma è anche un’occasione di incontro che riunisce persone giunte spesso da molto lontano. L’importanza di due di questi eventi è stata riconosciuta dall’Unesco che li ha designati come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Si tratta del Festival della Ciliegia a Sefrou (si svolge ogni anno a giugno in questa cittadina a pochi km da Fez) e del Moussem di Tan-Tan, una festa religiosa e culturale nel corso della quale, a cavallo tra maggio e giugno, si riuniscono, in questa città del Sahara Occidentale, una quarantina di tribù nomadi.
Il festival di Tan-Tan, che dura tre giorni, riunisce migliaia di persone; è una festa di musica e danze, di giochi, di commerci di ogni genere di merce (in particolare quella del settore agro-pastorale), di incontri e perfino di matrimoni e celebrazioni. Particolarmente suggestive la corsa dei dromedari e le esibizioni equestri con gli spettacoli Fantasia (manifestazioni di origine berbera nel corso delle quali i cavalieri si esibiscono in un esercizio di carica militare e di tiro a distanza, utilizzando lance o fucili, secondo una particolare tecnica di andata e ritorno. L’inizio della corsa e la sua fine sono dati da un colpo di fucile sparato in aria dai cavalieri all’unisono).
Altri eventi particolarmente suggestivi:
Gnawa World Music Festival di Essaouira, un evento dedicato in origine solamente alla musica nata dalla tradizione degli schiavi provenienti dall’Africa centrale – in particolare da Sudan, Mali e Guinea – e ora allargato anche a musica funk contemporanea, blues, jazz e soul, che per tre giorni trasforma Essaouira in un centro pulsante di musica, arte e cultura. Ogni anno registra la presenza di circa 500mila persone.
Festival delle Rose di Kelaat M’Gouna, cittadina a circa 100 km da Ourzazate. Si svolge ogni anno tra fine aprile e inizio maggio, quando raggiunge il culmine la fioritura della rosa damascena coltivata nelle valli circostanti. Secondo la leggenda, la rosa, proveniente da Damasco, fu portata in Marocco dai pellegrini di ritorno dalla Mecca. Si tratta di un fiore particolarmente profumato e di un intenso colore rosa. Come da tradizione i fiori vengono raccolti dalle donne, all’alba o dopo il tramonto, quando sono meno delicati ed è più facile preservare il loro profumo. Dai fiori vengono ricavati essenze pregiate e profumi, mentre alcuni petali vengono essiccati per la produzione del potpourri.
Da circa 30 anni ogni estate, tra luglio e agosto, Asilah ospita l’International Cultural Moussem of Asilah, uno dei più importanti festival del Nord Africa, un gigantesco laboratorio artistico e culturale che richiama in città artisti e pubblico da tutto il mondo. I muri della città vengono decorati con dei bellissimi murales che possono essere ammirati solo per un anno, perché prima dell’edizione successiva vengono coperti con la calce per lasciare spazio alle nuove creazioni. Solo l’opera vincitrice del concorso resta visibile per 7 anni.
Particolarmente suggestivo il Moussem dedicato ai fidanzamenti che si svolge ogni anno a settembre a Imilchil. Secondo la tradizione, il festival celebra la contrastata storia d’amore di due giovani appartenenti a tribu’ diverse; la leggenda narra che le lacrime versate dai due innamorati abbiamo formato i due laghi nei dintorni di Imilchil (Isli, del ragazzo e Tislit, della ragazza). Il festival è tuttora una delle poche occasioni nelle quali ragazze e ragazzi possono scegliere liberamente la persona che vogliono sposare.
A fine ottobre, a Erfoud, una cittadina nel deserto (sede della nostra agenzia) si svolge il Festival dei Datteri, che coincide con il termine della raccolta dei preziosi frutti dall’alto valore energetico, prodotto base della cucina del Marocco. Da non dimenticare…i datteri vanno mangiati sempre in numero dispari!
Taliouine, piccolo paese di montagna a metà strada tra Taroudant e Ourzazate, dedica allo zafferano il suo festival che si svolge solitamente la prima settimana di novembre (vedasi voce Slow Food).
L’unico problema per assistere ad un mousem è che le date non sono mai stabilite con largo anticipo, quindi riuscire ad inserirle in un programma di viaggio è sempre piuttosto difficoltoso.
Riad
Il riad era l’abitazione tradizionale urbana di alcune città del Marocco e si trova solamente nelle loro medine. Il riad (giardino in arabo) si sviluppa attorno ad un grande cortile, spesso con una vasca d’acqua centrale. Solitamente si tratta di strutture di medie dimensioni suddivise in piani e sormontate da una terrazza al livello del tetto da cui si godono panorami stupendi. Tutte le stanze hanno le finestre che guardano il giardino.
Da alcuni decenni parecchi riad sono stati trasformati in strutture ricettive. Alloggiare in un riad è un’esperienza insolita che consente di sentirsi come a casa propria e ricevere un’ospitalità calorosa.
Sebbene siano stati ristrutturati e forniti delle necessarie comodità, non sempre queste strutture sono funzionali: possono esserci diverse rampe di scale per raggiungere la propria camera, talvolta i bagni all’interno delle stanze non sono dotati di vere porte, la maggior parte sono ubicati in vicoli della medina non raggiungibili in auto.
Però l’accoglienza che si riceve e l’atmosfera che si respira seduti tra il verde del giardino o sulla terrazza al tramonto, compensano sicuramente i piccoli disagi.
Slow Food
Slow Food, nata in Italia nel 1986, è, dal 1989, una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi.
Nel 2000 nasce il progetto dei Presìdi Slow Food, interventi per salvaguardare o rilanciare piccole produzioni artigianali e tradizionali a rischio di estinzione. I Presidi hanno lo scopo di valorizzare territori, recuperare antichi mestieri e tecniche di lavorazione e salvare dall’estinzione varietà di ortaggi e frutta e razze autoctone.
In Marocco sono 5 i Presidi Slow Food:
Cumino di Alnif
Alnif si trova nel sudest del paese, a 880 metri sul livello del mare, circondato da coltivazioni di grano duro, palme da datteri, mandorli, aranci, fichi. Ma i prodotti più particolari di questo territorio aspro e arido sono l’henné e il cumino, che in questa zona ha un profumo particolarmente intenso. Si semina a fine gennaio e viene raccolto tra la fine di aprile e l’inizio di maggio; tagliato a mano viene raccolto in mazzi che, appesi a un bastone, seccano all’ombra, e sono successivamente battuti. Solitamente sono le donne a occuparsi della raccolta e della lavorazione di questo ingrediente fondamentale della cucina marocchina che ha, anche, diverse proprietà curative.
Olio di argan
L’argania è una pianta simile all’olivo che cresce sulla costa meridionale del Marocco e nel suo entroterra, in una zona arida, povera e d’estate caldissima. L’olio ricavato dalle sue bacche, che maturano tra luglio e agosto, è un ingrediente fondamentale per la cucina berbera. La raccolta del frutto e la sua lavorazione vengono svolte quasi esclusivamente dalle donne, spesso riunite in cooperative; sono necessari cinquanta chili di frutti per produrre mezzo litro di olio. L’olio ha un colore dorato ed un sapore intenso; se ne aggiungono poche gocce a fine cottura nei piatti principali. Assieme alle mandorle e al miele, viene utilizzato per la preparazione dell’amlou beldi, una crema spalmabile offerta, assieme al pane e al tè alla menta, agli ospiti come segno di benvenuto. Infiniti gli utilizzi dell’olio in cosmetica.
Piccolo farro del Rif
Tra le montagne del Nord del Marocco, da secoli, le comunità locali coltivano una varietà di farro molto rustica: il piccolo farro del Rif. Il seme del cereale viene utilizzato per l’alimentazione, mentre i gambi, lunghi e resistenti, vengono utilizzati per l’imbottitura di selle per asini e cavalli ed in passato anche per la costruzione dei tetti delle tradizionali case in pietra. La raccolta avviene manualmente tra la fine di luglio e l’inizio di agosto e, come spesso nell’agricoltura, è affidata quasi esclusivamente alle donne, che, con una falce, tagliano le spighe e le raggruppano in mazzetti. Il piccolo farro del Rif è ingrediente di diverse ricette tradizionali che utilizzano sia i chicchi che la farina. Il farro tostato è usato, anche, come sostituto del caffè.
Sale di Zerradoun
Sulle prime pendici delle montagne del Rif, nel Marocco nordorientale, si trova il villaggio di Zerradoun, dove le donne, riunite in una cooperativa, ricavano il sale oggi come nel passato. Nei pressi del villaggio si trovano due fonti di acqua salmastra che viene raccolta in vecchie vasche, con le pareti costituite da muretti a secco, per l’evaporazione. Il procedimento per l’estrazione del sale è piuttosto semplice ma richiede molto tempo; la stagione di produzione inizia verso metà maggio e continua per tre o quattro mesi, è necessario molto sole e siamo in montagna. Oltre al sale da cucina, venduto da sempre il sabato nel mercato della zona, il Presidio da qualche anno produce anche sali per uso estetico.
Zafferano di Taliouine
A metà strada tra Taroudant e Ourzazate, Taliouine, un piccolo villaggio di montagna, è il cuore del Presidio dello zafferano. Sull’altipiano Souktana, tra i 1300 e i 1500 metri, undici produttori riuniti in cooperativa coltivano piccoli appezzamenti (al massimo un ettaro) e, insieme alle loro famiglie, tra ottobre e novembre raccolgono i fiori all’alba, quando sono ancora chiusi; quindi li sistemano in una stanza fresca e separano i preziosi stigmi. Il fiore è lo stesso coltivato in altre parti del mondo, ma sembra che soltanto da quelli coltivati in questa zona, grazie al terreno, al clima e al processo di raccolta e lavorazione, si ottenga un prodotto così pregiato: un po’ meno colorato degli altri, ma dal profumo e dal sapore più intensi. I produttori del Presidio conservano lo zafferano in vasi di terracotta o di vetro e lo consegnano alla cooperativa per la commercializzazione.
Taliouine dedica allo zafferano l’omonimo festival, che si tiene generalmente la prima settimana di novembre, anche se purtroppo le date non sono mai fisse.
Souk
Il souk è il tipico mercato arabo, solitamente all’aperto, ma la parola viene comunemente utilizzata anche per indicare il quartiere in cui ha sede.
Per descrivere cosa è realmente un souk in Marocco ci affidiamo alle parole di Elias Canetti (premio Nobel per la letteratura nel 1981) tratte dal suo libro Le voci di Marrakech. l libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1967, ma da allora poco è cambiato. La contrattazione è un’arte, prendetevi il vostro tempo per fare gli acquisti e se decidete di abbandonare la trattativa, fatelo con cortesia.
“C’è aroma nei souk, e freschezza, e varietà di colori. L’odore, che è sempre piacevole, cambia a poco a poco secondo la natura delle merci. Non esistono nomi né insegne, e neppure vetrine. Tutto ciò che si vende è in esposizione. Non si sa mai quanto costeranno gli oggetti, né essi hanno infilzati i cartellini dei prezzi, né i prezzi sono fissi. […] Accanto alle botteghe dove si vende soltanto, ce ne sono molte altre davanti alle quali si può osservare come gli oggetti vengono fabbricati. […] In una società che tiene nascosto così tanto di sé, che agli stranieri cela gelosamente l’interno delle sue case, la figura e il volto delle sue donne e perfino i suoi templi, questa intensa ostentazione del produrre e del vendere è doppiamente affascinante. […] Nei paesi in cui vige la morale del prezzo, e perciò dominano i prezzi fissi, comprare qualcosa non è certo un’arte. Qualsiasi imbecille riesce a trovare le cose di cui ha bisogno, qualsiasi imbecille, purché sappia leggere i numeri, è in grado di non farsi abbindolare. Nei souk invece il prezzo che viene detto per primo è un enigma inafferrabile.[…]
[…] Qualcuno sostiene che bisogna scendere a circa un terzo del prezzo primitivo, ma questa non è altro che una stima grossolana, una di quelle insipide generalizzazioni con cui ce la si sbriga con coloro che non vogliono o non sono capaci di addentrarsi nelle sottigliezze di questa antichissima procedura. È gradito che il via vai delle trattative duri una piccola, sostanziosa eternità. Il negoziante si rallegra del tempo che ci concediamo per fare i nostri acquisti. […] Si può essere dignitosi o eloquenti, ma meglio le due cose assieme. La dignità serve a dimostrarsi l’un l’altro che non si dà troppa importanza al comprare o al vendere. L’eloquenza serve ad ammorbidire la risolutezza dell’avversario. […] Tutto bisogna tentare prima di cedere. […] Alcuni disarmano l’interlocutore con arroganza, altri affascinandolo. Ogni trucco è permesso, un cedimento dell’attenzione è inconcepibile.”